Obiettivo Mosca

Quinto appuntamento per il mese della fotografia di Mosca, in svolgimento dal 16 aprile e fino al 16 giugno, con un vasto ed interessante campo d'azione: indagare le città, le identità e le nuove tecnologie digitali. Tra i fotografi russi, il gruppo di lavori più interessanti ci sembra quello legato all'identità, con i lavori di Boris Mikhailov e di Sergei Tchilikov. Abbiamo avuto modo di conoscere questi autori esposti a Roma nelle precedenti edizioni del festival internazionale FotoGrafia.

A partire dal 1934 il realismo sovietico divenne la dottrina estetica ufficiale dell'ex Unione Sovietica e da quel momento i lavori fotografici prodotti erano solo di tipo illustrativo o documentario. Bisogna aspettare gli anni '70 quando, parallelamente all'emergere di approcci più concettuali nel mondo della letteratura e dell'arte, Boris Mikhailov, che all'epoca viveva nella sua città natale di Kharkov in Ucraina, cominciò a sviluppare lavori concettuali nel settore della fotografia. Mikhailov è dunque un anticipatore, un innovatore che con la sua indagine sulla povertà del suo paese, diffonde al mondo una conoscenza diversa di quei luoghi. Attraverso le riprese di quei territori desolati, di quei proveracci che vi abitano o vi transitano, siamo di fronte ad una utopia concreta. Lo sguardo fotografico diviene complice di questa natura terrena dell'utopia. I lavori che Boris Mikhailov ha prodotto durante la sua lunga carriera sono ormai considerati dei classici, ma l'autore continua a sviluppare nuovi approcci sempre più radicali e spesso anche provocatori. La mostra proposta al mese della fotografia di Mosca è senza titolo: una selezione di fotografie scattate dal 2000 al 2003.

Sergei Tchilikov presenta «Old Samara 2003» un reportage metafisico a colori che, contrariamente al reportage sociale usato dalla fotografia russa, non pone l'accento sui problemi quotidiani, ma piuttosto sembra che gli eroi di Tchilikov esitano al fuori della storia, del tempo e della società. Nella recente storia russa, abbiamo intuito il ruolo giocato dalla Perestroika per uscire dal periodo di stagnazione brejneviano e i relativi cambiamenti psicologici, sociali e culturali, ma nel suo lavoro Tchilikov gioca con dei personaggi che sembrano attirati da un sogno e che vivano uno stato interiore di opposizione stoica nei confronti della realtà presente. A prima vista le composizioni sembrano banali, ma dopo una più attenta lettura ci accorgiamo che, grazie ad un sapiente contrasto tra i paesaggi e le intense espressioni dei personaggi che vi convivono, gli avvenimenti quotidiani assumono un carattere insolito e interessante.

Ma il festival espone una folta schiera di autori russi e delle nuove repubbliche. Molti i nomi anche sconosciuti che stimolano la curiosità alla scoperta di nuove forme di espressione. Un gruppo di cinque autori, Sergei Bratkov (Kharkov-Moscow), Vita Bouivid (Saint-Petersburg-Moscow), Sergei Leontiev (Moscow), Valery Stigneev (Moscow), Stanislav Yavorski (Nijni Novgorod), propone la mostra «Visi del Volga» con l'obiettivo di creare un gruppo di immagini del popolo del Povoljie, appunto nella regione del Volga. Una galleria di intensi ritratti sia in bianconero che a colori che ci fanno conoscere le caratteristiche fisiche, i costumi e le tradizioni di quella regione.

Molte le proposte dei fotografi russi che trattano il tema della città sia da un punto di vista storico sia da uno più contemporaneo. La mostra «Vecchie Città — nella fotografia russa dalla fine del XIX all'inizio del XX secolo» riunisce cento fotografie storiche delle città russe, tra le quali Mosca, San Pietroburgo, Kiev, Tchernigov, Nizhni, Novgorod, Murom, scattate e da autori sconosciuti e da famosi fotografi quali Karl Bulla, Maxim Dmitriev, Peter Pavlov. Igor Moukhin ci propone la realtà attuale di alcune città del sud della Russia Taganrog, Azov, Rostov, Novocherkassk. Moukhin ha cominciato la sua carriera alla metà degli anni '80 nel momento in cui l'arte underground sovietica cominciava a venire in superficie attirando l'attenzione dell'occidente. I suoi lavori sono dedicati alla decadenza dell'impero sovietico e ci forniscono un'attenta riflessione sull'inizio e lo svolgimento del nuovo capitalismo.

Spostandoci sul fronte occidentale incontriamo grandi nomi come Lauren Greenfield, Martin Parr, William Klein, Ralf Gibson, Orlan e anche diverse proposte tutte italiane.

«Roma attraverso la Fotografia. Dal 1850 ad oggi» è tratta dall'ampia collezione del Museo di Roma, composta da più di centomila immagini. La mostra presentata alla biennale russa è un insieme di centocinquanta fotografie in stampe originali rare e preziose che forniscono uno scenario completo dell'evoluzione della città eterna correlata anche da bei ritratti ed oggetti.

L'agenzia Admira, fondata nel 1997 a Milano da Enrica Viganò realizza mostre ed eventi culturali nel campo della fotografia. Admira è presente al festival moscovita con interessanti proposte. Tra queste la mostra di Luigi Ghirri che con il suo poetico «Profilo delle Nuvole» ricerca il carattere trascendentale della fotografia e lo usa come un mezzo per creare un tempo sospeso come quello in cui ci troviamo quando leggiamo una favola. Ghirri sembra fotografare una realtà impossibile, che non esiste, e gli occhi dell'osservatore sono finalmente aperti verso altre possibilità. Piuttosto che offrire qualcosa da vedere le immagini sembrano rivelare ciò che è davanti l'otturatore. La mostra, di proprietà del Gruppo Riello, è composta da 109 fotografie ed ha come tema quello più amato dall'autore: il paesaggio italiano che si stende intorno al fiume Po fino al mare. L'Autore stesso selezionò e dispose le immagini tessendone i fili narrativi in un reticolo di analogie fino a «uscire dal muro dell'arte, liberarsi un po' dai gerghi culturali, dagli armamenti critici. Le foto sono solo immagini per ricordare qualcosa, appunti da mettere in un album».

Sfogliano il programma, troviamo ancora un altro italiano di rilievo: Mimmo Jodice che presenta il lavoro «Le Paris de Mimmo Jodice» commissionatogli dalla «Maison européenne de la Photographie» già nel 1993. Esistono dei luoghi nel mondo in cui noi non sappiamo più come comportarci, come osservarli, come traversarli, come viverli, come sopportare l'overdose di immagini più o meno sofisticate che ogni giorno affollano la nostra mente. Parigi è senza dubbio uno di questi luoghi. E l'autore si appresta a realizzare il suo lavoro senza sottrarsi ai luoghi comuni: il Louvre, la Tour Eiffel, la Senna, Il Trocadero... con l'obiettivo di dare un nuovo sguardo su queste icone, troppo spesso superficialmente riprese, per poterle liberare dall'aurea sacra e mercantile che le imprigiona. Nel viaggio fotografico che Mimmo Jodice ci offre scopriamo una metropoli di fine secolo, una Parigi post-moderna, impegnata senza limiti in un dialogo aperto con la Parigi storica. Così le immagini delle due anime parigine si mescolano fornendoci un incontro in cui si affrontano e nello stesso tempo si confrontano. La mostra, e il libro che l'accompagna, sono una sorta di guida illustrata di Parigi dove ciascun luogo, antico o moderno che sia, è osservato come se fosse la «prima volta».

Enrica Viganò è invece la curatrice dell'interessante mostra «Photo League / New York 1936-1951» (di cui vi mostriamo alcune significative immagini nelle pagine centrali di questo numero di Fotografia Reflex) composta da cinquantotto fotografie vintage di quarantanove autori, tra cui Weegee, Ruth Orkin, Berenice Abbott, Eugene Smith, Walter Rosenblum, Sid Grossman, Sol Libsohn, Lewis Hine. La Photo League fu l'unica significativa organizzazione indipendente di fotografi negli Stati Uniti ad occuparsi di fotografia sociale. Dalla sua nascita nel 1936 allo scioglimento, provocato dalla persecuzione maccartista nel 1951, la League ha sviluppato la propria attività realizzando pubblicazioni, mostre, corsi e conferenze, ma soprattutto coinvolgendo moltissimi fotografi, professionisti e non, in progetti strutturati, i «Feature Groups», per la documentazione della vita nei quartieri più popolari. Tutti i maggiori fotografi del tempo parteciparono alle sue iniziative. L'empatia degli autori con la gente comune ha permesso di catturare l'atmosfera e la vitalità dell'esistenza nei sobborghi di New York negli anni Trenta e Quaranta. Grazie all'attento lavoro di Enrica Viganò e al suo incontro alla fine degli anni '90 con Walter Rosenblum, un vivace ottantenne che quel periodo lo ha vissuto sulla sua pelle, il pubblico europeo è venuto a conoscenza di una storia tutta americana, del crocevia di culture di quell'epoca e delle lotte che i protagonisti hanno affrontato sia sul piano delle idee, che su quello operativo.

Un festival, quello moscovita, pieno dunque di curiosità e di interessanti proposte sia straniere che propriamente russe. Varrebbe la pena approfittare dell'evento per visitare un altro pezzo di mondo e per conoscere meglio un altro modo espressivo.

Patrizia Bonanzinga
maggio 2004

Fotografia Reflex